04 Aprile 2024

O-Letter Aprile: Costruire un sistema doganale armonico

“Come possiamo sapere se abbiamo compreso il senso di una musica?

Dall’emozione che ci procura. È un criterio soggettivo, eppure è l’unico che funziona veramente”.
La storia è capace di creare grandi uomini e ci sono grandi uomini che fanno la storia; non la storia raccontata dai manuali, ma la storia scritta ogni giorno, con sacrificio e volontà, che aiuta tutti noi a vivere meglio, regalandoci l’unico antidoto all’inesorabile scivolare del tempo e all’imperversare della stupidità collettiva: la bellezza…

O-Letter: Il sistema doganale Armonico

Il Maestro Maurizio Pollini ci ha, da poco e con inestinguibile rammarico, abbandonati, ma a lui dobbiamo un lascito inestimabile: la bellezza è armonia.
Armonia delle note sullo spartito, armonia delle mani sulla tastiera, armonia dei movimenti dell’orchestra.

Ogni sistema è (o dovrebbe essere) armonia.

“La bellezza è accordo e armonia tra le parti in modo tale che non sia possibile aggiungere, togliere e cambiare qualsiasi cosa senza compromettere il tutto”.
L’armonia di un sistema è garanzia non solo di bellezza, ma di certezza per chiunque lo applichi; ciò vale, anche e a maggior ragione, per ogni sistema giuridico, dove, come in un effetto domino, ogni minima variazione potrebbe determinare un big bang implosivo (facili profeti, le parole dell’Alberti, vergate nel XV secolo), dove il determinismo scientifico, incapace di tradurre il caso in regole certe, non può trovare dimora.
Il sistema giuridico doganale non costituisce eccezione a tale regola generale: lo spartito normativo, armonia nazionale e unionale, trova simmetrica interpretazione armonica nei suoi diversi interpreti, autorità amministrative, giurisprudenza, dottrina; le variazioni del primo o della seconda, se non coordinate in un delicato equilibrio, determinano caos regnano incertezza e maliziosa furbizia.

Il sistema giuridico doganale unionale oggi

La normativa unionale, compresa in una transizione digitale e operativa a breve termine, già traguarda mete ben più ambiziose, un lungo viaggio dove green economy, equilibri geopolitici, conflitti in atto e in potenza, rotte commerciali in divenire rappresentano variabili in grado di disegnare una varietà di scenari possibili.
Istituti, oggi, granitici, quali customs data hub, trust and check trader, autorità doganale unionale, ambiente informatico per lo sportello unico assumono connotazioni indefinite, se calati in realtà diverse: misurare il grado di assoluta compliance di un soggetto, garantire controlli intelligenti quale conseguenza di una gestione del rischio unitaria e centralizzata, sintesi di dati e informazioni anche di natura extra-tributaria in un panorama stabile è operazione ben diversa dall’esigere medesimi risultati in una attualità magmatica, conflittuale, incerta nelle norme e alle frontiere.
Il testo tecnico della riforma del Codice doganale unionale, scritto dalla Commissione UE, ha trovato approvazione nella sua architettura complessiva, ma numerosi emendamenti di dettaglio nell’analisi del Parlamento europeo; ora, la parola passa al Consiglio, organo politico e, come tale, scarsamente vaticinabile.
E le elezioni del prossimo giugno, nuovo Parlamento e nuova Commissione, rischiano, nella migliore ipotesi, di allungare i tempi dell’iter di approvazione del progetto, nella peggiore di definire nuove linee politiche, relegando la riforma dell’Unione doganale in terza o quarta di copertina.

La transizione del sistema doganale nazionale

Le “Disposizioni nazionali complementari al Codice doganale dell’Unione” (cambiare il titolo, please), approvate dal Consiglio dei ministri, ora veleggiano verso le forche caudine dell’esame parlamentare, prima di decretare il pensionamento del vetusto (leva del 1973) Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale e l’avvio di una nuova età dell’oro.
La presente, non è la sede per un analitico approccio alla nuova disciplina nazionale, che non mancherà nei nostri prossimi interventi, fino all’approvazione di un testo definitivo; ma è l’occasione per una riflessione su quello che, a prima vista, appare un coacervo di prassi elevate a norma, di buone intenzioni, di poco (o molto) comprensibili innovazioni, di poco (o molto) comprensibili dimenticanze, di occasioni sfumate.
Una riflessione per noi non nuova, che vede il diritto doganale quale sintesi di teoria e pratica, un ben rotondo essere di parmenidea memoria nel quale le due anime, fonte l’una dell’altra, si fondono in un tutt’uno inestinguibile, di talchè, come scriveva l’Alberti, non risulta possibile variarne uno senza provocare effetti dirompenti nell’altro.
Spesso, anzi, forse, potremmo azzardare sempre, negli alti e altisonanti consessi chiamati a decidere la seconda, la pratica, non trova dignità di esistenza, lasciando agli interpreti l‘arduo compito di adattare una teoria malata a una realtà bisognosa di cure.
Infine, non dimentichiamo, imperdonabile svista, la misteriosa riorganizzazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, trionfalisticamente annunciata quale prima, concreta attuazione dell’integrazione tra le due anime dell’Agenzia: cambiano le Direzioni Territoriali e le loro articolazioni interna, cambiano gli Uffici locali e non solo le loro articolazioni interne, ma anche la dislocazione sul territorio, oltre al nome, con le ovvie ricadute sull’operatività doganale quotidiana.
E una nostra sensazione, impalpabile, ma dal retrogusto amaro: la precedente Direzione dell’Agenzia aveva nascosto l’insufficienza, tecnica e interpretativa, non di tutti, ma di molti, in una campagna mediatica e comunicativa aggressiva; l’attuale Direzione dell’Agenzia appare più orientata ai settori che garantiscono maggior gettito (giochi e monopoli), piuttosto che a colmare quell’insufficienza, alla quale non possono sopperire i vincitori dei concorsi in essere, se non bene e proficuamente formati.
Un caos doganale, insomma.
Per traghettare il quale, fino al nuovo ordine costituito che verrà, occorrono competenza, professionalità, indipendenza, innovazione.
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