28 Aprile 2023

L’EXPORT CONTROL AI TEMPI DELL’AI

L’Accordo di Wassenaar, siglato da 42 Paesi nel dicembre 1995, in Olanda, è stato redatto per contribuire alla sicurezza e alla stabilità regionale e internazionale, promuovendo la trasparenza e una maggiore responsabilità nei trasferimenti di armi convenzionali e di beni e tecnologie a duplice uso, così da prevenire accumuli destabilizzanti.

Che la materia dell’export control abbia assunto una rilevanza strategica nella moderna geopolitica lo testimonia la revisione (o, forse, sarebbe più corretto dire la rifondazione) del sistema dei controlli sui beni a duplice uso decisa dal legislatore unionale nel 2021; e lo testimonia anche l’interesse che molti Paesi, geograficamente distribuiti nell’intero globo e accomunati dalla medesima preoccupazione, avevano manifestato ben prima, nel 1995, redigendo l’Accordo di Wassenaar.

In un’economia dei beni immateriali ormai abitata da sistemi di intelligenza artificiale e spyware, è evidente che l’attuale approccio ai controlli sulle esportazioni necessiti di un aggiornamento significativo. I beni intangibili sono, per loro natura, difficili da definire; possono includere non-fungible token e spyware., ma una efficace tutela deve rispondere a una domanda preliminare, su cui non vi è consenso nella comunità internazionale e alla quale l’EU Data Act cerca di fornire una soluzione definitiva: i dati sono “merce”? E se sì, chi ne è il proprietario? L’Accordo di Wassenaar implementa in modo specifico controlli su software di litografia computazionale, di controllo del traffico aereo (ATC), di progettazione elettronica assistita da computer (ECAD) e di intrusione. L’export control di nuova generazione richiede meccanismi di governo dei beni intangibili e migliori infrastrutture. La parola, ora, alla UE.

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