22 Maggio 2023

UNIONE DOGANALE: LE RAGIONI DI UNA RIFORMA

“È giunto il momento di portare l’unione doganale a un livello più alto, dotandola di un quadro giuridico più solido, che ci consentirà di proteggere meglio i nostri cittadini e il nostro mercato unico. Proporrò un pacchetto coraggioso, per un approccio europeo integrato, al fine di rafforzare la gestione del rischio doganale e sostenere controlli efficaci da parte degli Stati membri” (Ursula Von der Leyen, Guidelines for the next European Commission 2019-2024).

Il documento esplicativo del programma “Dogana 2040” raccomanda di affrontare la sfida della governance dell’unione doganale dando la preferenza a una struttura comune e centrale per parlare con una sola voce, sfruttare i progressi tecnologici e utilizzare nel modo più efficace i dati delle dogane. La relazione indipendente del Wise Person Group sulle sfide cui deve far fronte l’unione doganale della UE conclude che permangono gravi divergenze tra le autorità doganali nazionali nell’applicazione delle norme e delle procedure e che, oggi, il livello di protezione dei cittadini e degli Stati membri dipende dalla luogo in cui le merci sono controllate e le imprese fraudolente e negligenti godono di un significativo vantaggio a basso rischio rispetto alle imprese e agli individui onesti e affidabili.

La Corte dei conti europea, nelle sue relazioni speciali di osservazione del costume doganale unionale, pubblicate a partire dal 2017 (l’ultima, la n. 13/2023 “AEO – Solid customs programme with untapped potential and uneven implementation”) ha rilevato che un’armonizzazione insufficiente nei controlli doganali ostacola gli interessi finanziari dell’Unione europea, raccomandando alla Commissione di migliorare l’applicazione uniforme dei controlli doganali e di sviluppare e attuare una capacità di analisi e coordinamento a pieno titolo a livello centralizzato europeo; nonché che i ritardi nello sviluppo delle tecnologie informatiche doganali, presupposto indefettibile per la completa applicazione della normativa codicistica, sono dovuti alla modifica dell’ambito del progetto, alle risorse insufficienti assegnate dalle autorità unionali e dagli Stati membri e al lungo processo decisionale dovuto alla struttura di governance a più livelli; e, da ultimo, il programma AEO dell’UE facilita il commercio legittimo, migliora la sicurezza della catena di approvvigionamento e la protezione degli interessi finanziari della UE, ma la gestione, il quadro normativo e l’attuazione, compresi i vantaggi riconosciuti, richiedono modifiche e miglioramenti.

L’economia unionale vive una fase di transizione verde e digitale, disciplinata da una legislazione ambiziosa, che stabilisce standard ambientali, di sicurezza, sociali e digitali; una agenda altrettanto ambiziosa, che rischia di essere compromessa se le produzioni dell’Unione vengono sostituite da importazioni da Paesi terzi che non rispettano tali norme. Senza il monitoraggio centrale della catena di approvvigionamento e il controllo da parte delle dogane, l’Unione non ha piena visibilità su quali merci entrano ed escono dal suo territorio, indebolendo con ciò non solo la credibilità delle sue politiche, ma limitando anche il suo potere come attore geopolitico. Infine, le dogane, oggi strette tra compiti di complessità crescente, chiamate ad applicare una legislazione, come appena ricordato, di natura extra-tributaria in perenne evoluzione e un forte aumento dell’utilizzo di piattaforme di commercio elettronico, caratterizzato da spedizioni numerose e di basso valore; in assenza di una supervisione e un monitoraggio centrale della catena di approvvigionamento, l’Unione europea non ha piena visibilità e controllo sulle merci oggetto di operazioni di importazione ed esportazione, una sfida che porta alla revisione dei processi doganali, ad una nuova idea di gestione dei dati e delle infrastrutture informatiche e alla definizione di un concetto nuovo di governance dell’unione doganale.

La riforma presentata lo scorso 17 maggio rafforza la capacità delle dogane di vigilanza e controllo delle operazioni e rappresenta una decisione strategica a lungo termine, volta ad adattarsi in modo flessibile ai cambiamenti nelle catene di approvvigionamento e a difendere meglio gli interessi finanziari della UE e dei suoi Stati membri, nonché la sicurezza, l’incolumità e gli interessi pubblici unionali, attraverso quella centralizzazione della gestione del rischio e della disponibilità dei dati prefigurata da tutti gli osservatori istituzionali. Una riforma figlia della competenza esclusiva dell’Unione europea in materia doganale, sancita dall’art. 3, TFUE e dell’idea, forse più economica che politica, di una migliore e più efficace tutela degli interessi europei; le transizioni in corso sono l’occasione per prendere coscienza di endemiche distorsioni applicative e proporre un cambiamento culturale, prima ancora che
normativo. Una sfida la cui vittoria postula cambiamenti organizzativi, crescita professionale, apertura mentale al nuovo, oggi scarsamente diffuse in tutte le categorie, pubbliche e private, che operano nel mondo doganale.

Una rivoluzione culturale che necessita di tempo, tanto, e di dedizione; una rivoluzione che, considerate le inevitabili scadenze a medio-lungo termine, dal 2028 al 2038, rischia, dopo una breve celebrità, di cadere nell’oblio comunicativo e che deve essere coordinata con le prossime, cruciali tempistiche di completa applicazione del Codice doganale, in assenza delle quali parte dei buoni propositi della Commissione (una nuova partnership con le imprese, un approccio più sistemico e intelligente ai controlli, una visione più moderna del commercio internazionale, che consideri l’e-commerce non come una forma alternativa, ma come una forma diversa di gestione degli scambi), si dissolveranno come nebbia al primo sole.

Le proposte legislative sono state trasmesse al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione europea per l’adozione dei provvedimenti legislativi e al Comitato economico e sociale europeo per consultazione. Noi continueremo a parlarne e a scriverne, perché le sfide culturali sono le nostre sfide.

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