22 Gennaio 2024

SOLUZIONI STRATEGICHE PER LA CRISI DI SUEZ

Le banchine semivuote dei maggiori porti italiani sono la dimostrazione empirica degli effetti deleteri della crisi del Mar Rosso sui traffici internazionali. La scelta di evitare il passaggio dal Canale di Suez comporta un allungamento dei tempi di consegna delle merci, mettendo in crisi il sistema del just in time, scelta obbligata della produzione industriale.
Il 12% delle merci mondiali e il 30% del traffico containers: Suez è un crocevia fondamentale degli scambi internazionali, la porta che lega l’oriente e l’occidente commerciale; eppure, nei primi undici giorni di gennaio, il traffico è diminuito del 55% rispetto al medesimo periodo del 2023. Houthi o Ansar Allah che dir si voglia, i guerriglieri yemeniti, sciiti zayditi sostenitori di Hamas, hanno portato lo scompiglio nel Mar Rosso, tanto da convincere MSC, Maersk, CMA-CGM, Cosco e Hapag-Loyd a riscoprire il capo di Buona Speranza e a circumnavigare l’Africa, pur di evitare il rischio di un attacco. La volatilità dell’attuale panorama geopolitico sconsiglia soluzioni di natura politica, semmai suggerendo iniziative strategiche, “more belts, more roads”. Molti ricordano la cinese Belt and Road Initiative, destinata a porre la Cina quale centro della rete commerciale globale; non tutti sanno che al G20 di New Delhi è stato ipotizzato un corridoio tra India, Medio Oriente ed Europa, mentre proprio l’India studia un corridoio per la Russia via Iran ed Erdogan propone un collegamento tra i porti del sud dell’Iraq e l’Europa attraverso la Turchia; senza dimenticare l’intreccio complesso degli accordi che legano le nazioni del Sud-Est asiatico, un sistema indo-pacifico che chiama una nuova globalizzazione per collegarsi a Europa e USA, sempre più preoccupati dell’ombra cinese.

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